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Quaderni

Pop/Rock un anno dopo
Un quaderno di conversazioni

 

Carlo Delfrati

con Luigi Marzola


Carlo Delfrati, docente di metodologia della didattica musicale, fondatore della S.I.E.M. Società Italiana per l’Educazione Musicale, ispiratore del Modello per l’Insegnamento Dinamico delle Arti dello Spettacolo (MIDAS), è tuttora impegnato nella formazione e nell’aggiornamento degli insegnanti e degli operatori didattici di ogni ordine e grado. Coordina l’Area Didattica e Divulgazione dell’Accademia del Teatro alla Scala. Progetta e attiva laboratori musicali e teatrali sia per le scuole generali sia per le scuole musicali.  

*****

L’ambito Pop/Rock può sposare il Conservatorio?

Se devo dire soltanto sì o no, direi sì. Il livello accademico non viene da un repertorio o da un genere. Viene dalla qualità, dall’intensità, dal livello culturale dell’intero percorso. In questo senso si può immaginare un livello accademico per il Pop/Rock, come è stato per la musica elettronica, come potrebbe essere per il recupero di musiche di tradizione non occidentale, di musiche molto antiche, e così via.

Naturalmente obiettivi e qualità devono essere all’altezza. Nei documenti ministeriali tutto questo sembra esserci – almeno a livello di dichiarazioni. Ovviamente, altro è la realtà. Qui entra in gioco un altro fattore: la competenza del docente. E non intendo solo la competenza disciplinare specifica, ma la capacità di integrare le sue proprie competenze con quelle di ambiti diversi dal suo, che però sono funzionali all’arricchimento, al completamento del suo stesso ambito. Del resto, questo vale per tutte le discipline.


Pensi che una parte del percorso debba essere comune agli studenti di tutti i generi musicali, prima che ciascuno prenda la sua strada? Ovvero: musicista classico, musicista Jazz, musicista Pop/Rock devono avere una parte degli studi in comune?

Sì. Per esempio quello che oggi si chiama Ear training, che poi è la tradizionale educazione della percezione uditiva. Ma in uno studio di carattere accademico questa disciplina deve essere portata a livelli avanzati, di strutture musicali complesse. E questo è importante per tutti gli studenti, qualunque sia la loro specialità.

Penso anche che la formazione di base, quella che tutti dovrebbero ricevere nella scuola generale, non dovrebbe essere chiusa in un genere, non dovrebbe “specializzare”.


Ci sono caratteristiche, abilità, saperi del musicista Pop/Rock che potrebbero essere utili alla formazione di un musicista classico, e viceversa?

L’improvvisazione. La capacità di suonare senza spartito, intesa come padronanza dello strumento e interiorizzazione delle strutture musicali al punto di poterle rievocare internamente per applicarle improvvisando.

Queste risorse sarebbero un arricchimento per il musicista “classico”, sempre che possa venire a contatto con un musicista Pop che sia in grado di trasmettergliele.

Quanto alla direzione opposta, va detto che il lungo percorso di studi classico conduce ad avere per così dire sotto le dita l’infinita varietà di sfumature che si possono imprimere a una frase musicale: grazie alla grande esperienza di repertori, al gran tempo dedicato allo studio, e al confronto di soluzioni diverse. Queste caratteristiche sono tipiche della formazione “classica” e non so se i musicisti Pop/Rock le posseggano altrettanto.

Perciò vedo buoni motivi di un utile scambio fra i due percorsi, a condizione naturalmente che ci siano punti di contatto e lo scambio avvenga.


Del resto la componente improvvisativa era ben presente nella musica del passato, anche se poi nella storia si è andata perdendo. Con l’eccezione dell’organo, dove le esigenze della liturgia “costringono” il musicista a sapere improvvisare, e questo è rimasto anche nell’ordinamento didattico. Ma verità storica richiederebbe che la competenza improvvisativa facesse parte di tutti i curriculum “classici”.

Infatti. La regola invece, salvo eccezioni individuali, è che il musicista classico – anche in casi illustri, e ne ho fatto personale esperienza – si arresta sulla soglia dell’improvvisazione, come di un dominio proibito.


Pop” viene da popular, ma designa un’altra cosa dalla “musica popolare”. Sarebbe possibile recuperare a studi accademici anche questa?

In effetti c’è un bisticcio verbale, ho proposto (senza molto successo per verità) di chiamare “neopopolare” il Pop e il Rock. Che fra l’altro sono due cose diverse, e ci sono mille tipi di Pop e mille di Rock. Altri, specie in corsi universitari, hanno proposto la dicitura “musica popolare contemporanea”. Si tratta comunque, in sostanza, di distinguere fra la musica di consumo di massa e la musica di tradizione popolare, quella del “volgo”, della nostra gente – canti delle mondine, canti dei pescatori per intenderci. Ed è quest’ultima che ha costituito, per esempio, il patrimonio cui hanno attinto le “scuole nazionali” dell’800. A quel patrimonio hanno attinto per esempio Musorgskij e Smetana, ma in fondo anche Schubert, Beethoven, Mahler, per fare qualche nome. Certo anche questa musica popolare andrebbe salvata dall’oblio e ricondotta a studio accademico, sarebbe un terreno interessante, sul quale per ora si muovono solo gruppi folkloristici specializzati, spesso locali.


Tornando al nostro tema: ci sono tante scuole, anche eccellenti, dove si insegna il Pop e il Rock. Qual’è la ragione che se ne occupi il Conservatorio? E sarà in grado di reggere il confronto?

Questa è appunto la condizione di tutto. E’ in grado il Conservatorio di allestire corsi di Pop/Rock di livello alto, voglio dire che presuppongano come acquisito un patrimonio di conoscenze – musicologiche, storiche eccetera - comune a tutti gli studenti? Questo farebbe la differenza rispetto alle altre scuole, alcune delle quali conducono certamente a un buon livello di competenze nello specifico del Pop/Rock, ma che non mi pare arrivino a livelli superlativi, “accademici”. La sfida per il Conservatorio è questa: sarà in grado di stupirci, dandoci un grande musicista Pop o Rock così come ci ha dato grandi strumentisti, compositori, cantanti “classici”? Da vecchio osservatore, credo che la questione sia proprio questa.


Marzo 2019

 

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