HOME PAGE
 
 CHI E PERCHE'
 
 INTERVENTI
 
 DOCUMENTI
         - noi e l'Europa
         - dall'Italia
         - dalla stampa
         - oltre la musica
            (documenti e articoli
             d'interesse generale)
         - appuntamenti
 
 DIDATTICA
 
 RISORSE
 

 ARCHIVIO


 MAPPA

 
ASSOCIAZIONE PER L'ABOLIZIONE DEL SOLFEGGIO PARLATO

INTERVENTI

sei in: INTERVENTI>IL NUOVO DECRETO SUI SETTORI DISCIPLINARI

Il nuovo decreto sui settori disciplinari:
una riforma infinita

 di Sergio Lattes

Ci sono voluti 17 mesi di ricorsi, sentenze di TAR, e un articolo 3-quinquies di una leggina che parlava d’altro, per condurci dal DM 483/08 a un nuovo decreto sui settori disciplinari (90/09) che è quasi la fotocopia del precedente, salvo la soppressione delle corrispondenze con le classi di concorso/titolarità. Verosimimente, per non offrire il fianco un’altra volta alle contestazioni da parte sindacale che hanno prima aggredito il dispositivo, e – dopo che la magistratura ha respinto i ricorsi – prodotto successivamente un esile articolo di legge che ha azzerato tutto.
Le corrispondenze con le classi dconcorso verranno esplicitate – si può supporre – in un altro provvedimento.

Questa ulteriore perdita di tempo è l’ultima testimonianza (certo non l’unica) di quale sia la vera difficoltà di attuare la legge di riforma. In un processo di insostenibile lentezza, la mancanza di visione e di volontà politica da parte ministeriale consegna l'attuazione della 508 in ostaggio a quella parte della categoria docente che non ha mai condiviso i principi fondanti della legge.

Dovrà poi venire il decreto sui curricula, l’altra volta emanato insieme con quello sui settori disciplinari. E dovrà anche venire quello sul reclutamento dei docenti e l’accorpamento delle sedi, il nodo più spinoso che finora non si è trovato il coraggio politico di affrontare. Se mai lo si affronterà.
E dovranno venire, ancora, quello sull’equipollenza dei nostri titoli a quelli universitari, quello sulla
corrispondenza tra i crediti acquisiti nell’ordinamento previgente e i crediti previsti nei corsi accademici. E qualcun altro che non ricordo.

Dovranno venire: è ormai quasi una questione di fede.

 ******* 

Il nuovo decreto è, come il precedente, un centone della folla di discipline “inventate” ex novo nei 10 anni della sperimentazione. L’elenco di discipline così formato – denominate campi disciplinari – è accorpato in settori disciplinari, che dove possibile corrispondono alle vecchie classi di titolarità, seppur questa volta non citate esplicitamente. Dove la corrispondenza è impossibile, si sono creati dei nuovi settori disciplinari.

Il punto è che la sperimentazione ormai decennale - in molti casi seria, in alcuni meno, in altri del tutto fantasiosa o velleitaria - non è stata né guidata né monitorata all’interno di un disegno di politica culturale. Come del resto nulla è stato fatto per favorire la maturazione di un tale disegno. Alla sperimentazione è stata data briglia sciolta e poi la si è sottoposta a una sorta di somma algebrica. Tale è la tabella dei settori disciplinari, che è la sostanza del decreto.

Si parlava prima di discipline “inventate”. Poichè non c’era storia, inventate a volte con buon senso, a volte con faciloneria e approssimazione, talvolta in funzione di singoli interessi. Sempre, e comunque, senza uno statuto scientifico o storico che le supportasse.

Valga per tutte il caso delle “prassi esecutive e repertori”. Questo è il nome che, per political correctness, viene dato ora all’insegnamento di uno strumento. Bene. Anzi, benissimo: si può supporre che il nuovo nome comporti un ripensamento di che cosa sia l’insegnamento di uno strumento. Lo si insegna con tecniche e pratiche che sono le stesse dell’800, magari qualcosa si potrà ammodernare.
Prassi esecutiva
è la traduzione italiana di Performance practice o di Aufführungpraxis. Due termini che non coincidono affatto con l’insegnamento dello strumento come corre nei Conservatori italiani, perché presuppongono - in estrema sintesi - una revisione radicale del rapporto fra consuetudini/precetti pratici, e competenze musicologiche.
Nulla di tutto ciò è avvenuto – salvo s’intende alcune eccezioni per lo più nella musica barocca.
Per il resto dunque si cambia la targhetta sulla porta, e dentro si fa la stessa cosa di prima.

E’ pur vero che ci sono ora nuove discipline a comporre il curriculum dello studente, non c’è più soltanto il docente unico-maestro di bottega. Ma le nuove discipline sono nate altrettanto avventurosamente, come si è detto sopra. Non si è mai discusso seriamente, da qualche parte, che cosa dev’essere uno strumentista (o un compositore, o un cantante) diplomato nella riforma, che cosa debba sapere e saper fare. Basta leggere i Learning outcomes dell’Associazione Europea per rendersi conto di quanto siamo lontani da una elaborazione organica delle strategie didattiche.

Naturalmente alcune sperimentazioni sono state eccellenti. Ma l'assenza del confronto, la mancanza della circolazione delle idee e della discussione di merito rischiano di disperdere le esperienze migliori, anziché valorizzarle, nel passaggio a ordinamento.

Il quale
pare invece consistere in una sommatoria indiscriminata dell’esistente. Come dire: tutto ciò che è stato prodotto nei dieci anni di sperimentazione è ugualmente valido e ha lo stesso diritto di perpetuarsi nell'ordinamento. Non c’è nulla da verificare né da confrontare. Basta eliminare i doppioni, e raggruppare in settori e aree. Tutti vi si ritroveranno, e questa è la riforma che il sistema è in grado di darsi. Il resto sono fole.

Come ha detto Paolo Rotili in questo stesso sito, nessuno si assume la responsabilità di una scelta politica che premi la qualità del sistema. Era questa la strada migliore?

contatti: team@aasp.it