Un'educazione musicale per
tutti
Conversazione con Annalisa Spadolini
di Sergio Lattes
Annalisa Spadolini, flautista e
docente di scuola media a indirizzo musicale, lavora oggi presso l'Ufficio VI -
Formazione docenti - nell'ambito della Direzione Generale del personale
scolastico del Miur. E' referente nazionale per la musica del comparto
Istruzione, e componente del nucleo tecnico operativo del Comitato nazionale
per l'apprendimento pratico della musica. Le abbiamo chiesto di parlarci
dell'attività del suo Ufficio, particolarmente in relazione alla scuola
primaria.
***********
Potremmo cominciare da qui:
cos’è questo ufficio dove lavori, al Ministero dell’Istruzione.
Per risponderti devo brevemente dire qualcosa di me. Sono
una docente di strumento nella scuola media a indirizzo musicale, con 25 anni di
insegnamento nella scuola pubblica. Una diecina d’anni fa sono entrata in
contatto con l’ex Ministro Berlinguer che in quel periodo andava organizzando il
Comitato per l’apprendimento pratico della musica e aveva bisogno di una
professionalità specifica per le scuole a indirizzo musicale, che erano entrate
in ordinamento nel 1999. Sono così entrata nel Comitato, continuando a
insegnare. Nel 2011 – lo stesso periodo in cui si formavano i licei musicali – è
venuto alla firma dell’allora Ministro Gelmini il DM 8/2011, un testo importante
che sancisce il principio che, a partire dalla scuola primaria, la musica
dev’essere praticata da tutti, e con personale docente specializzato:
cioè fornito di titolo specifico e che abbia ricevuto una formazione. Il decreto
fu proposto al Ministro appunto dal Comitato – e come sai anche l’impianto del
liceo musicale veniva dai tempi del ministero Berlinguer.
A quel punto e di conseguenza, al Ministro e alla Direzione
generale del personale scolastico è sembrato opportuno inserire
nell’organizzazione del dicastero una figura di ricercatore che si occupasse di
musica con competenze specifiche, che non erano fino allora presenti nel
comparto Istruzione. E’ stato indetto un concorso pubblico che ho vinto, e sono
così entrata in questo Ufficio Formazione Docenti - la formazione è oggi un
diritto/dovere dei docenti in servizio - che fa capo alla Direzione generale del
personale scolastico. La quale a sua volta si occupa di circa 8.000 istituzioni
scolastiche e 750.000 docenti in tutta Italia. A me è stato affidato il compito,
d’intesa con i dirigenti dell’Ufficio, di progettare, attuare e seguire dei
percorsi di formazione per docenti di musica, di ogni ordine e grado,
nell’ambito del comparto Istruzione.
In questi 3 anni abbiamo così progettato circa 20 corsi
nazionali di formazione, alcuni dei quali in collaborazione con Università, con
associazioni di settore, e – almeno due o tre di essi – in collaborazione con i
Conservatori. Sono stati stanziati circa 2 milioni di euro.
Chi sono stati i docenti coinvolti?
Sul DM 8 sono principalmente docenti di scuola primaria,
già inseriti nel sistema, forniti di titolo specifico. Infatti abbiamo scoperto
che i docenti della scuola primaria che hanno titoli di Conservatorio sono più
di quel che ci si aspettasse. Ma c’è un problema di formazione:
non basta avere un titolo di studio, ci vogliono reali capacità didattiche.
Tu puoi aver preso un diploma di Conservatorio 20 anni fa e non aver mai
insegnato musica, tantomeno in quella specifica fascia d’età in cui ci sono
implicazioni pedagogiche complesse - specie se non si tratta di bambini “già
orientati” verso la musica. Hanno partecipato anche docenti di scuola secondaria
perché il DM prevede la possibilità che questi possano, attraverso progetti o
iniziative, andare nella scuola primaria per realizzare percorsi di “pratica”
musicale.
Insisto su questo aspetto perché da sempre la linea del
Comitato, ora assunta dal Ministero (ricordo che oggi il Comitato stesso è un
organo del Miur), è quella di proporre un insegnamento della musica di tipo
laboratoriale, dove la musica si tocca, si fa, si suona su strumenti, si canta
in coro, si fa come musica d’insieme, e non soltanto si ascolta – seppure con
“ascolto attivo” come oggi pure si fa. C’è insomma l’idea di una carenza
educativa da colmare, quella della musica relegata nei 3 anni della scuola
secondaria di primo grado e fatta in un modo che, al di là di pregevoli attività
di alcune scuole d’eccellenza e fatte salve le scuole ad indirizzo musicale, non
ancora attribuisce la dovuta importanza alla partecipazione attiva dei ragazzi.
Lo scopo è quello di creare delle “scuole elementari a indirizzo musicale”?
Il principio è un altro, quello della musica per tutti,
come patrimonio culturale e come componente della formazione del cittadino. Far
capire questo principio è il cardine nel nostro operare, a maggior ragione nella
scuola dell’obbligo. Non è tuttavia cosa semplice, e lo si è visto anche nel
confronto politico al momento della stesura del DM 8/2011. C’era chi lo
intendeva solo come mezzo per una “precocizzazione” degli studi musicali (dello
strumento musicale), come una scuola elementare ad indirizzo, destinata ai
talenti precoci. Mentre l’altra visione era quella di un discorso di base
che offrisse ai ragazzi –a tutti i ragazzi - la possibilità di avere contatto
con la musica. Come fai a far emergere anche gli orientamenti più specifici
senza prima aver offerto a tutti una accoglienza nella disciplina,
qualcosa che la faccia amare? C’è stato quindi un vero confronto di diverse
linee di politica culturale, e si è arrivati come in genere succede a un
compromesso. Il decreto prevede che le scuole possono dare disponibilità
all’attuazione, considerando una serie di passaggi successivi. Si parte
dall’utilizzazione del personale interno che sia fornito di titolo specifico,
con la possibilità di distaccarlo esclusivamente sull’insegnamento della musica.
Poi si possono utilizzare altre professionalità: quindi personale della scuola
secondaria di primo grado e poi avvalersi dell’apporto di associazioni,
Conservatori, Università. Per avere risorse didattiche – per esempio in
convenzione con associazioni appositamente accreditate –e/o per avere formazione
dei propri docenti.
Con questi corsi sono “andati in formazione” finora 8 mila
docenti in tutta Italia. E come dicevo ci sono state collaborazioni con
Università – per esempio la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università
di Roma tre– e con i Conservatori. A tutti i Conservatori d’Italia ove presente
un Dipartimento di didattica della musica è stato offerto di partecipare, su un
finanziamento messo a disposizione dal Miur, alla progettazione di questi
percorsi di formazione per i docenti della scuola primaria e per quelli della
secondaria di I e II grado.
Questo piano biennale di corsi è stato realizzato quasi per
intero – ne mancano solo 2 che partiranno a settembre – ed è in corso il
monitoraggio di tutte le attività proposte. Alcuni corsi sono già arrivati alla
seconda edizione.
Quanto durano?
In media 50 ore. I docenti in servizio hanno diritto, per
contratto, a soli 5 giorni di formazione all’anno e quindi questo è stato il
termine di riferimento. Abbiamo realizzato i corsi “Mille cori”, sull’idea di
formare appunto mille cori nelle scuole d’Italia, offrendo competenze per poter
creare e dirigere un coro – con studi anche sui repertori: i Conservatori hanno
proposto dei progetti belli, devo sottolinearlo. Abbiamo anche ideato un corso
denominato proprio “Laboratori DM8”, dove il Ministero ha offerto ai
Conservatori un modello di massima, comprendente 8 o 9 temi che potevano essere
trattati, e fra i quali almeno 4 dovevano essere scelti dal Conservatorio.
Sono state considerate molte angolazioni per la musica nella scuola primaria: per esempio lo
strumento nella scuola primaria, la musica d’insieme, il coro, le attività sulle
tecnologie, ecc. I dipartimenti di Didattica dei Conservatori hanno sviluppato i
progetti, che il Ministero ha approvato e fatto propri. Oggi oltre mille docenti
della scuola sono nei Conservatori a seguire questi progetti.
L’interfaccia nei Conservatori è sempre il dipartimento di Didattica? E quanti
Conservatori hanno aderito?
Nel caso dei “Laboratori DM8” i dipartimenti di Didattica,
nel caso di Mille cori hanno certamente partecipato i corsi di Direzione di
coro. Queste sono state comunque scelte autonome dei Conservatori, ma penso che
gli stessi dipartimenti di Didattica si siano poi avvalsi di volta in volta di
competenze di altri docenti. Quanto ai numeri, credo circa i due terzi dei
Conservatori, ma se consideriamo che non tutti hanno il dipartimento di
Didattica si arriva intorno all’80 per cento.
Come avete sollecitato la partecipazione dei Conservatori?
Abbiamo chiesto la collaborazione dei Conservatori per
organizzare corsi di formazione per docenti, definendo un format:
argomenti, target cui i corsi sono riservati, durata uniforme di 50 ore,
certificazione finale ai partecipanti da parte del Conservatorio ai sensi della
nota Miur sui corsi attuativi del DM8, finanziamento (circa 3-4 mila euro) che i
Conservatori potevano gestire in autonomia, facendosi garanti della qualità
dell’offerta formativa. I Conservatori ne hanno ricavato il beneficio
dell’ingresso di un gran numero di persone: docenti che hanno ripreso a
studiare, sono rientrati in Conservatorio dopo tanti anni. I docenti-discenti
sono stati tutti entusiasti di tornare a formarsi in Conservatorio.
Parliamo ora di come avete proceduto nei confronti delle scuole, per dare
attuazione al DM 8.
Abbiamo deciso di dare alle scuole delle
linee-guida per l’attuazione del decreto: l’ho proposto personalmente,
sappiamo bene quante norme, approvate, rimangono poi lettera morta. Si trattava
in primo luogo di far conoscere il decreto alle scuole, e poi di dare dei
suggerimenti concreti per come applicarlo. Per inciso: il decreto 275 del 1999
ha dato alle scuole un’autonomia che non è mai veramente decollata, non solo
perché non ci sono risorse ma anche perché in Italia è ancora molto forte la
prassi che dà valore alle decisioni prese dall’alto e alla centralizzazione
delle scelte organizzative e didattiche: segno ancora di un forte potere
burocratico.
Perciò abbiamo scelto la strada delle linee-guida. Abbiamo
formato un gruppo di lavoro “forte”: docenti di scuola primaria, docenti di
scuola secondaria di I grado, alcuni di liceo musicale, alcuni di Conservatorio,
e poi ricercatori pedagogisti e didatti. Dopo un mese e mezzo (luglio 2013)
avevamo le linee-guida per le scuole. Nella trasmissione alle scuole c’è stato
un ritardo per il turn-over dei dirigenti al Miur, ma in febbraio 2014 le hanno
ricevute tutte le scuole. Sono destinate ai dirigenti scolastici, e mi sembra
francamente che sia un bel documento: accoglie le istanze di chi la scuola la
fa. Sono state trasmesse dal Capo-dipartimento istruzione, dott. Luciano
Chiappetta, e questo conta. Ci sono le indicazioni per gli Uffici scolastici
regionali, ci sono quelle per le scuole: ognuno sa quello che c’è da fare.
Abbiamo coinvolto l’associazionismo: il Miur ha firmato un protocollo d’intesa con il
Forum
nazionale per l’educazione musicale, che raccoglie 24 associazioni musicali
nazionali che si occupano di formazione ed è un esercito di circa 200 mila
persone, fra soci e utenti. Nelle linee-guida è stato inserito un allegato che
offre indicazioni ai dirigenti scolastici per la scelta delle associazioni che
vogliano collaborare nella scuola, si offre così uno
strumento di orientamento preciso per garantire la qualità degli interventi.
E’ certo presto per un bilancio, ma una valutazione in itinere si può fare.
Il quadro generale è in movimento. In ogni Ufficio
scolastico regionale – che è la diramazione territoriale del Ministero - esiste
oggi un referente per la musica. Il quale è un riferimento prezioso incaricato
di comunicare con competenza alle scuole e in collaborazione con me che sono il
referente nazionale le attività e le migliori strategie per l’attuazione del DM
8. Ci si giova anche di una piccola innovazione normativa, contenuta nel
contratto sulle utilizzazioni (art. 6 ter del CCNI), per cui un docente che
abbia titolo può chiedere di essere utilizzato nella scuola primaria per
insegnare musica: non sta più solo al dirigente “illuminato” prendere
l’iniziativa, anche il docente interessato ha il diritto di farlo.
Ora stiamo lavorando al monitoraggio dei dati. Ad oggi 800
scuole primarie in Italia hanno deciso di attuare il DM 8/2011. E questo è il
risultato di un solo anno, da quando cioè si è messo in moto il meccanismo per
dare gambe al decreto, facendolo arrivare veramente alle scuole. Gli Uffici
scolastici regionali hanno stilato degli elenchi dei progetti pervenuti. La
sensazione è che si vada verso il coinvolgimento del 30% delle scuole, e questo
sarebbe un successo superiore ad ogni aspettativa.
In più va considerato, per fare un caso, che in Lombardia
sono state assegnate delle cattedre di diritto sulla musica nella scuola
primaria. E’ un caso importante che speriamo
faccia da apripista: le cattedre di diritto rappresentano una soglia da cui
difficilmente si torna indietro. Nell’insieme direi che il 2013 sono stati fatti
dei passi importanti, agendo con tenacia e con buona conoscenza del terreno.
Quali che siano i numeri, la logica dell’intervento rimane dunque quella
dell’educazione musicale per tutti, non quella della creazione di isole felici.
Certo, anche se si devono prevedere livelli diversi, casi
diversi. Per intendersi. uno è quello della scuola che decide, con le proprie
risorse, di dare a tutte le sue classi il minimo indispensabile perché tutti
facciano musica. Un altro è quello della scuola che offre più ore settimanali
con il docente specialista. Un terzo è quello della scuola che introduce, per
esempio, uno strumento musicale come preferenziale o un’attività musicale su
ampie tematiche. Un altro infine è quello della scuola che arriva a sei ore
settimanali e introduce l’opzione fra diversi strumenti, e in questo caso ci si
avvicina di più al modello dell’indirizzo musicale. Voglio però sottolineare il
valore di aver offerto, con la Nota di trasmissione delle linee-guida, un
format nazionale all’interno del quale le singole regioni possono
adattare alle situazioni territoriali l’organizzazione. Questo ci garantisce un
intervento abbastanza omogeneo e monitorabile sul piano nazionale.
Vengo a una questione forse un po’ delicata. Nei Conservatori è diffusa una
sensibilità che pur apprezzando molto la diffusione dell’educazione musicale
nella scuola generale (in cui vede la formazione del “pubblico” della musica)
rimane però gelosamente proprietaria della formazione del musicista, fin
dall’età più tenera. E di conseguenza, per fare un altro caso, non vede nel
Liceo musicale un possibile bacino di provenienza per i Conservatori, perché il
livello tecnico è troppo diseguale.
Conosco la questione. Per quanto riguarda il liceo
musicale, la sua storia è di 4 anni: diamogli il tempo, anche quello di creare
le professionalità d’insegnamento adeguate. Per quel che so la rete dei licei
sta lavorando in modo intelligente per definire progressivamente una serie di
parametri. Qualcosa che nasce ex novo va comunque pazientemente seguito,
sistemato, rimodellato sulla base dell’esperienza concreta, ed è bene che questo
avvenga. D’altro canto è logico e fisiologico che non tutti gli studenti del
liceo musicale debbano andare verso l’Afam. Probabilmente è vero che la parte
pre-professionalizzante, quella che servirebbe ai Conservatori, va meglio
sviluppata. Forse andrebbe creata, all’interno del liceo, una “forbice”
d’indirizzi che consenta un percorso più specifico, magari dal secondo anno in
poi, per gli studenti più orientati verso gli studi musicali ulteriori.
Tuttavia vedo che i licei, che sono diventati circa 120
(dunque più dei Conservatori) stanno crescendo anche qualitativamente. Senza
assolutamente generalizzare, conosco personalmente casi di licei musicali dove
il livello strumentale non ha niente da invidiare a quello dei Conservatori, e
in particolare di certi Conservatori. E lo dico da musicista, ho fatto la
professione attiva per molti anni.
Anche qui, sempre evitando generalizzazioni, bisogna andare
a vedere nel concreto quel che è avvenuto nei vari Conservatori dopo la 508.
Quali sono le professionalità che effettivamente li abitano, in che misura hanno
risposto al cambiamento dell’utenza: la gioventù che li frequenta non è la
stessa delle nostre generazioni. E chi insegna nei corsi preaccademici:
so che ci sono scelte molto diverse fra le istituzioni AFAM , e non tutti sono
qualitativamente elevati come sarebbe invece necessario proprio in questa fascia
di età. Anche lì i risultati, col tempo, andranno verificati. Probabilmente non
tutti i Conservatori hanno lo stesso livello qualitativo, come non lo hanno
tutti i licei.
I Conservatori in un certo senso hanno svolto un ruolo di supplenza. Negli anni
dell’espansione del sistema, la spinta della domanda ha prodotto una
moltiplicazione dei Conservatori, non programmata razionalmente – e di questo
paghiamo oggi le conseguenze – e non si è saputo risponderle con una espansione
della formazione musicale nella scuola.
Appunto, e va tenuto in conto che per un periodo
plurisecolare praticamente ogni forma di studio musicale è stata delegata ai
Conservatori. Oggi non è più così, ed è naturale che ci possano essere delle
difficoltà a comprendersi. I due sistemi – quello dell’educazione musicale e
quello dell’istruzione specialistica – devono imparare a parlarsi, e a
conoscersi. C’è bisogno che i musicisti, anche i grandi musicisti,
capiscano veramente l’importanza che la musica nella scuola sia un discorso
culturale nel senso più ampio, e non la vedano solo in funzione della selezione
dei talenti precoci da avviare al Conservatorio. Se non si crea una base
culturale larga, per cui il cittadino debba sapere di musica come deve
sapere di tante altre cose, la selezione dei talenti non sarà efficiente. E poi,
questi musicisti per chi suoneranno? In quali orchestre, visto che si chiudono
senza colpo ferire?
I vostri obiettivi in prospettiva.
Intanto seguire queste 800 scuole nel loro percorso. In
prospettiva, creare uno specialista di musica nella scuola primaria a livello
ordinamentale. E sopratutto unificare verticalmente i percorsi. La scuola
continua ad essere organizzata in compartimenti stagni: gli obiettivi della
scuola primaria non sono coordinati con quelli della secondaria inferiore, e poi
del liceo musicale. Il problema non è solo fra Liceo e Conservatorio.
Bisognerebbe arrivare a una filiera coerente, misurata per gradi con crediti e
livelli, come per esempio avviene nella maggior parte dell’Europa. E lo
dovremo fare, perché l’Europa ce lo chiede per il 2020: il riconoscimento
dell’equivalenza transnazionale dei titoli finali presuppone una filiera
antecedente coerente e leggibile.
Infine: fertilizzare musicalmente questo Paese, attraverso
la scuola. La musica non può rimanere appannaggio di quei soli bambini, di quei
soli giovani che hanno la fortuna di nascere in famiglie musicalmente colte e
benestanti. Non può appartenere a una élite. La musica è un diritto per tutti e
per ciascuno.
luglio
2014
>>torna alla home page
>>torna a
"Interventi" |