Occupazione/occupabilità
Caro maestro,
torno da un'esperienza di un anno all'estero.
E ora?"
La lettera di un
giovane diplomato
Le risposte di quattro
direttori di Conservatorio
Questa lettera è stata ricevuta da chi scrive questo sito. Il diplomato che gli
scrive è un giovane e valente pianista che ha frequentato con lui alcune nuove
discipline dell'Alta Formazione a Milano. Pur avendo conseguito un brillante
diploma "interpretativo" ha ben compreso che il pianoforte non è solo la
letteratura solistica, e si è mosso di conseguenza.
Pubblichiamo la lettera - con il consenso del mittente - perchè
ci sembra non solo d'interesse generale, ma anche emblematica della condizione
in cui si trovano spesso giovani che hanno fatto esperienze importanti
all'estero ma vorrebbero tornare vivere in Italia.
Queste difficoltà e incertezze non riguardano
soltanto i diplomati in musica, ma i laureati in quasi tutti i campi del sapere.
Magra consolazione.
Abbiamo chiesto di commentare questa lettera a Bruno Carioti
direttore del Conservatorio dell'Aquila e presidente della Conferenza dei
direttori, a Patrizia Conti direttore del Conservatorio
"Paganini" di Genova, a Paolo Biordi direttore
del Conservatorio "Cherubini" di Firenze, ad Antonio D'Antò
direttore del Conservatorio "Refice" di Frosinone.
(s.l.)
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Caro Maestro, come sta? E' da molto tempo che vorrei
scriverle e finalmente mi decido a farlo.
Le sono ancora molto grato dei suoi consigli per
l'audizione alla Filarmonica di Londra. L'esperienza londinese è stata davvero
molto stimolante: ho lavorato come un matto e sono stato molto soddisfatto.
Conclusasi l'esperienza in agosto (era un contratto annuale "Young Artist", come
lo chiamano loro), ho avuto un contatto, tramite l'orchestra, con il teatro
dell'Opera di Amburgo: mi hanno convocato per un'audizione come maestro di sala
e ho avuto un contratto di 4 mesi. Ho avuto modo di fare una splendida
esperienza nell'ambito operistico come maestro collaboratore, come pianista
dell'orchestra (la Filarmonica di Amburgo) e anche come direttore alle prove di
regia! Sono stato felice di dare in questo modo seguito anche ai miei studi di
direzione d'orchestra.
Ora mi trovo nuovamente in Italia, senza un contratto in
mano, ma ancora fresco delle belle esperienze all'estero. Le confesso che mi
piacerebbe molto poter rimanere nel mio Paese, ma la tragica situazione della
musica e della cultura in generale in Italia è evidente agli occhi di tutti,
anche ai miei. Sto cercando di entrare in qualche graduatoria di Conservatorio
per l'insegnamento: faccio domande per tutte le discipline possibili, ma non è
facile nemmeno tenere d'occhio tutto.
Spero ancora che il mio bagaglio di molteplici esperienze
all'estero (pianista d'orchestra, di sala, direttore...) possa essermi d'aiuto
per insegnamenti che non siano solo pianoforte principale o complementare. Lei
pensa che i nuovi ordinamenti dei Conservatori, considerato che prevedono anche
discipline di pratica orchestrale o di accompagnamento, potrebbero aprire
qualche strada nell'ambito dell'insegnamento? Le sarei grato se potesse darmi
qualche consiglio.
Spero di poterla incontrare anche solo per un caffè, così
da poterla salutare di persona. La ringrazio sin d'ora per la pazienza e la
saluto cordialmente.
Michele Gamba
Bruno Carioti.
Leggere la lettera di Michele Gamba ci induce a
riflettere per l'ennesima volta sulla drammatica situazione nella quale versa la
cultura in Italia. E' paradossale che proprio da noi, nel Paese in cui è
custodita la gran parte del patrimonio artistico mondiale, la cultura sia così
trascurata, anzi tartassata da continui tagli ai finanziamenti. Per la musica la
situazione è forse ancora più grave perché alla trascuratezza si aggiunge anche
l'insulto. Le recenti affermazioni di alcuni nostri importanti esponenti di
governo che hanno violentemente attaccato la professione del musicista non ci
consentono certo di guardare al futuro con serenità.
Al giovane musicista voglio
lanciare un'esortazione e un dare un consiglio. L'esortazione è a non arrendersi
e a tentare di svolgere la professione di musicista nel Paese dove è nato e dove
ha studiato. Non ci possiamo certo permettere di rinunciare al talento e alla
professionalità dei nostri giovani che dopo aver studiato in Italia si vanno a
perfezionare all'estero!
Il consiglio è questo: nel
proporsi per la sua professione deve "inventarsi" nuove situazioni e presentarsi
in maniera diversa dal solito. La ricerca del "posto fisso", da sempre chimera
dei nostri giovani, deve essere sostituita da una nuova mentalità in cui ognuno
diventa manager di se stesso e si propone nel mercato del lavoro con
atteggiamenti e progetti innovativi: è fondamentale disegnare il proprio
futuro puntando proprio sull'innovazione progettuale e professionale. Solo in
questo modo sarà possibile inserirsi nel mondo del lavoro e crearsi lo spazio
necessario per avere un domani in cui le proprie capacità siano apprezzata nella
giusta misura. Questo mi sento di consigliare al giovane Michele e ai tanti
giovani che sono nella sua stessa situazione: determinazione e innovazione. Sono
convinto che unendo queste due caratteristiche, ci si può creare una spazio in
cui poter esprimere le proprie capacità. Anche in una società così insensibile
ai valore della cultura com'è quella del nostro Paese. Auguri Michele!
Patrizia Conti.
Ho letto questo delicato
eppure accorato appello con molta amarezza e volentieri rispondo attraverso
aasp.it con un libero e spontaneo commento. Non mancano alcune note positive (mi
colpisce, in particolare, la fiducia con cui questo giovane si rivolge ad un
suo "vecchio" maestro), ma l'intera lettera è pervasa più decisamente da una
triste rassegnazione, quella stessa rassegnazione che vedo sempre più spesso
negli occhi dei nostri giovani.
Certo, anche all'estero la
situazione non è priva di problemi. Diversamente, il "nostro" sarebbe
probabilmente rimasto a Londra. O forse no, forse avrebbe comunque
legittimamente desiderato di rientrare, attratto da quel fatale richiamo noto ad
ogni migrante, o figlio di migrante.
Il problema è dunque un altro,
più ampio e di interesse più comune: è oggi possibile tornare (o restare) nel
nostro Paese? La progressiva fuga di cervelli, anche in ambito musicale, è
destinata a trovare una soluzione? La recente proposta di legge per incentivare
i giovani - under 40 (sic) - a tornare in Italia attraverso incentivi
fiscali può realisticamente avere un’applicazione nell’ambito professionale
musicale?
Voglio comunque provare a
rispondere alla richiesta di informazioni relative all’insegnamento in
Conservatorio. È vero, è difficile tenere d’occhio tutti i bandi pubblicati dai
vari istituti italiani, anche se uno strumento ci sarebbe: il sito web
afam.miur.it dovrebbe infatti contenere tutti i bandi relativi alle
graduatorie l’istituto (ossia quelle relative alle cattedre in organico, a cui è
possibile attingere per eventuali supplenze). Dico “dovrebbe” perché non sempre
gli istituti si ricordano di caricare il documento… Una volta visti i termini
dei singoli bandi di proprio interesse, è importantissimo rispettare tutte le
procedure previste, dai termini di scadenza alle modalità di invio, dai
documenti allegati alle dichiarazioni sostitutive. Certo, una volta inviata la
domanda e eventualmente inseriti in graduatoria, non è poi così semplice essere
chiamati per una supplenza: la copertura delle cattedre segue infatti
annualmente un iter rigorosissimo che prevede dapprima i trasferimenti, poi le
utilizzazioni temporanee, quindi la supplenza annuale dalle graduatorie
nazionali e solo alla fine, se necessario, il reclutamento dalle graduatorie
d’istituto. Insomma, la strada non è semplice ma è quella che abbiamo seguito
tutti noi, percorrendo l’Italia da Nord a Sud o viceversa.
Per quanto riguarda i nuovi
insegnamenti attivati nell’ambito dei percorsi post-riforma, il discorso è
diverso: non si tratta di graduatorie per supplenze (brevi o annuali che siano)
bensì di graduatorie per il conferimento di contratti professionali per un
numero di ore definito a seconda dei casi. È, questa, una nuova opportunità ma
se da una parte ogni Conservatorio è in effetti libero di aprire nuovi
insegnamenti e stipulare contratti, non bisogna dimenticare che le risorse
destinate al funzionamento dei nostri Istituti vengono ormai da anni
progressivamente tagliate e non permettono grandi cose. Di solito, ci si limita
a contratti di poche ore annue (30 ore, 60, …) da svolgere magari a 500 km di
distanza dalla propria residenza. Sono meglio di niente, ma non assomigliano
affatto ad un lavoro stabile. Nonostante questo, per ogni bando pubblicato ci
sono decine (centinaia) di domande da parte di candidati sempre più
“attrezzati”: tre o quattro diplomi, curricula trentennali, età compresa fra i
18 e i 50 anni, insomma un parco-candidati in espansione a testimonianza e
documentazione di quanto tutti gli altri settori professionali musicali siano in
forte crisi.
Che dire? Le opportunità di
entrare ad insegnare in un Conservatorio sarebbero sulla carta maggiori di
quelle di trent’anni fa; nella realtà ci si trova invece di fronte ad una
concorrenza “spietata” per agguantare poche ore di lavoro e accumulare
“prezioso” punteggio per un altro analogo contratto l’anno seguente…
Impossibile, in questa sede,
affrontare nel dettaglio la grave crisi culturale che sta attraversando l’Italia
ma il dato è significativo: i migliori diplomati nelle nostre Istituzioni
trovano più facilmente una (gratificante) collocazione professionale all’estero
e, giocoforza, procurano un progressivo ed allarmante rallentamento del nostro
progresso culturale ed economico.
Loro non hanno scelta, né
colpa. A noi, che qui restiamo, spetta il compito di comprendere la crisi e le
sue soluzioni, di affrontare l’emergenza fino a quando possibile, con la
speranza che la partita non sia definitivamente persa.
Paolo Biordi. Ai
nostri migliori allievi ripetiamo che oggi la qualità della propria
formazione è l'unico veicolo per poter aspirare ad avere un futuro
professionale. I conservatori cercano di garantire quella qualità ma
purtroppo è sempre più vero che nemmeno la conoscenza può garantire un
futuro. Perchè? La risposta sta negli aridi numeri che indicano gli
investimenti che lo Stato effettua per la scuola e per la cultura; sono
bassi, tra i più bassi in Europa.
Gli investimenti nella scuola e nella cultura
hanno effetto nel lungo termine e hanno riflessi sull'educazione,
l'emancipazione e la consapevolezza di un intero popolo. Siamo invece di
fronte ad una carenza strutturale dell'educazione musicale nelle scuole di
ogni ordine e grado, per cui, semplicemente, sono sempre meno le persone che
hanno una capacità di ascolto della musica che le porti nei teatri e nelle
sale da concerto con ovvi riflessi negativi sul mercato della “musica
colta”. Il colpo finale è poi quello dei tagli alle risorse cui assistiamo
sempre più frequentemente.
Eppure da decenni lo Stato interviene in
favore dell'industria dell' auto, TV, frigoriferi, agricoltura, editoria e
l'elenco sarebbe sconfinato. Tuttavia sembra che la cultura sia il peso
improduttivo della società. L'educazione musicale è un valore che non può
essere di destra o di sinistra, è una necessità trasversale per la sua
valenza altamente unificante.
Ogni altra considerazione diventa superflua,
la cultura e l'educazione sono beni da difendere con ogni mezzo e ai nostri
migliori diplomati lo Stato dovrebbe dare più opportunità per un futuro nel
proprio paese.
Antonio
D'Antò. Intanto complimenti per l’importante esperienza maturata in
campo extra nazionale: in generale noi in Italia abbiamo quasi del tutto
dimenticato cosa significhi “appredistato”, che nel campo “artigianale”
della musica è oro. Nella mia esperienza professionale ho fatto da
pianista accompagnatore, da suggeritore, da maestro di palcoscenico,
compositore ecc, ecc. Non mi spaventa, quindi, che in uno Stato serio
quale la Germania per fare il direttore d’orchestra le chiedano molte
professionalità: è giusto così. Siamo noi che abbiamo abbracciato il
“mito” del “giovane e talentuoso” direttore d’orchestra, che, in verità,
è sempre stato un punto di arrivo di seri studi compositivi, di musica
da camera e strumentali in genere, e infine direttoriali.
Ho molta fiducia
nei nuovi percorsi di studio nei Conservatori italiani: ho indicato ai
miei colleghi d’Istituto la strada del rinnovamento, pregando di
riscrivere i percorsi musicali da affrontare nella Scuola
pre-accademica, che nella mente mia e del mio Consiglio Accademico,
dovrebbe ri-disegnare una nuova figura di musicista che, grazie ai
Trienni e alle specializzazioni insite nei Bienni, possa rispondere a
un’esigenza di competenza che ci proviene dai nostri stessi studenti.
Cerchiamo di
interagire con le Istituzioni Comune, Provincia, Regione e Stato per far
in modo di fornire ai “nuovi” musicisti italiani luoghi per esprimere le
loro professionalità e, com’era un tempo, maturate sul campo le giuste
esperienze, a loro volta diventare “docenti” per trasmettere ai propri
studenti un mestiere. In sintesi, 1) studiare
bene nelle istituzioni, 2)
operare nel campo artistico, 3)
trasmettere la propria esperienza agli altri
(insegnare).
Aprile 2011
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