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INTERVENTI

 

Difesa di un "piccolo" Conservatorio

Conversazione con Angela Colombo


di Sergio Lattes
 

Angela Colombo, torinese, docente di Pianoforte dal 1980 presso il Conservatorio "Antonio Vivaldi" di Alessandria, è dal 2012 Direttore dello stesso.
Oltre all'attività didattica e alla partecipazione ai lavori di vari organi di gestione, si è da sempre occupata
dell'ideazione e organizzazione delle stagioni di concerti e spettacoli, di corsi, seminari, convegni e masterclass del “Vivaldi"
E' stata per anni Responsabile dell'Ufficio Promozione e Comunicazione del Conservatorio.

 

Angela Colombo non è persona di diplomazie. La prima sensazione che si ha conversando con lei è quella di un personaggio combattivo e appassionato, che comunica chiaramente quali sono i temi che la interessano e le idee in cui crede. Si capisce subito che le questioni di ingegneria istituzionale, di architettura curricolare, di crediti, di discipline, non le scaldano il cuore. E' invece convintamente e apertamente sostenitrice dell'idea che la riforma ("e  voglio rassicurare che non sono una  nostalgica del bel tempo che fu!", dice) non dovrebbe perdere alcune delle cose migliori che caratterizzavano storicamente il Conservatorio, come la compresenza in classe di allievi di varie età che lavorano insieme, con il più grande che comincia a guidare il più piccolo, e così facendo impara ad insegnare. La restrizione del Conservatorio nella fascia superiore, di conseguenza, è "un percorso che ci limita. Non ha senso che ci si proponga, come invece si fa, una prospettiva vagamente colpevolizzante, del tipo: se dopo 15 anni la riforma non è ancora pienamente realizzata, è perchè non siete abbastanza bravi a farla, non pensate abbastanza da universitari", dice. La questione di fondo è un'altra: l'alta formazione è la parte conclusiva di un percorso che è unitario. Le difficoltà della riforma nascono proprio da qui.

La sua, però, non è una difesa fuori tempo dell'ordinamento previgente e del "vecchio" Conservatorio. Intanto, fa notare, "se ci fosse una buona formazione nella scuola primaria, se ci fosse un curricolo verticale organico fra media a indirizzo e liceo a indirizzo, sarebbe un altro discorso. Attualmente non è così e perciò è difficile che dal liceo musicale possano uscire studenti con una competenza strumentale al livello dell'accesso al triennio del Conservatorio, a meno di non abbassare noi drasticamente questo livello. Cosa che non vogliamo certo fare!".

Per queste ragioni Colombo trova decisamente positiva l'idea, della quale si sta discutendo anche in Conferenza dei direttori, di mantenere comunque all'interno dei Conservatori una fascia alta della formazione preaccademica, propedeutica al Triennio.

Ma c'è dell'altro. Il Conservatorio di Alessandria è molto attivo nella cura e nel coordinamento degli studi pre-accademici sul territorio. Se in città c'è un solo liceo musicale (e soltanto da due anni) e poche sono le scuole medie a indirizzo musicale, il Conservatorio ha "un'esperienza bella - racconta Colombo - una Rete per la formazione musicale di base, che consiste in una convenzione con circa 25 scuole fra Piemonte Liguria e Lombardia, che lavorano con noi condividendo i programmi. Sono scuole comunali, scuole medie a indirizzo, scuole private. Alcune sono storiche, come quelle di Biella, di Rivarolo Canavese, di Alba. Altre sono appena nate. Sono comunque tutte realtà in cui si fa formazione musicale. E saranno certamente un vivaio di allievi futuri per i nostri trienni."

E qui veniamo al secondo dei temi che Angela Colombo affronta con decisione, la funzione produttiva del Conservatorio nella città e nel territorio. "Con queste scuole il Conservatorio non condivide soltanto i programmi per le certificazioni preaccademiche. Condividiamo anche momenti belli di musica insieme, scambi di concerti, produzioni. Questo – insiste - dobbiamo difendere con tutte le nostre forze: la nostra capacità di fare produzione, di fare musica, di fare cultura. Di creare musicisti, ma anche di creare il pubblico della musica."

Il discorso si allarga e si fa appassionato. "La nostra missione non è solo di erogare titoli. Faccio l'esempio alessandrino. Nei miei primi tre anni di direzione ho dedicato una parte importante del mio lavoro a costruire, o ricostruire, la presenza del Conservatorio in questa città. Che è una città in difficoltà. Da anni non ha più un teatro, forse lo riavrà in futuro. Il Conservatorio gradatamente è diventato il centro riconoscibile della vita musicale di Alessandria. Non c'è settimana che passi senza che qualche associazione, istituzione, assessorato ci chieda di collaborare. E sono tutte occasioni di far suonare i nostri allievi, e di far conoscere ulteriormente il Conservatorio alla cittadinanza."

"Prova ne siano il concerto di Natale col Duomo gremito, il concerto di fine anno dell'orchestra nel Teatro con i 900 posti esauriti. E ci sono dati qualitativi: per esempio, insieme con il Comune abbiamo contribuito a riaprire e a riportare a conoscenza della città e della provincia uno spazio meraviglioso, chiuso da molti anni: l'ex complesso conventuale di S. Francesco, che nel periodo napoleonico fu trasformato in ospedale militare. Sono due anni che abbiamo portato in questo spazio il nostro Festival "Scatola sonora", dedicato al teatro musicale di piccole dimensioni. Non solo. Abbiamo riportato ad Alessandria l'opera di repertorio, allestendola nel chiostro del Conservatorio. E per la città è stato un avvenimento dopo anni di chiusura del Teatro Comunale".

Il timore, Colombo lo dice senza remore, è che questi elementi, questa ricchezza di rapporti col territorio, siano considerati "poco interessanti", a fronte di una valutazione puramente quantitativa degli istituti: "Il ritornello che mi fa soffrire di più è siete troppi, dovete trovare voi stessi il modo di ridurre il vostro numero, s'intende parlando del numero delle istituzioni Afam. Temo le decisioni prese sulla base dei semplici dati numerici – quanti studenti del triennio, quanti del biennio - che non tengono conto delle realtà locali effettive, e del peso che ogni Conservatorio ha nel luogo in cui opera. Mi sembra un discorso pericoloso. L'ho sentito fare da presidenti di istituti di città grandi, e temo che idee di questo genere possano essere coltivate anche "in alto". L'attenzione principale non deve andare solo ai numeri ma anche ai contenuti e al contesto nel quale si opera. Non vorrei che la geografia degli allievi fosse un dato che agli occhi di un ministro o di un direttore generale potesse sembrare in conflitto con la nostra finalità istituzionale. Sarebbe un grave errore".

dicembre 2015                          facebook

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