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INTERVENTI

 

Propedeutici, preaccademici e riforma

di Paolo Troncon

 


A commento dell’interessante intervista a Carlo Balzaretti apparsa su aasp.it, particolarmente in riferimento al DM 382/2018 - quello che uniforma a livello nazionale il livello tecnico atteso per l’accesso al Triennio, inserisce e regola per la prima volta, ai sensi della riforma, la formazione non accademica nei Conservatori e altro - osservo che se ne parla ancora in una visuale a mio parere riduttiva.

La discussione riguardante la formazione non accademica nelle istituzioni superiori riformate rimanda sempre ad un problema atavico e mai risolto che in AFAM, ricordo, riguarda solo musica e danza (e questo spiega un certo nostro “isolamento”); negli ultimi anni il dibattito si è appiattito sulla durata dei nuovi “propedeutici”, cioè sul fatto se siano pochi o troppi i tre anni stabiliti, per i Conservatori, nel decreto. La questione della durata di questi corsi è diventata così una bandiera per le diverse parti, tra chi considerava inappropriato regolarizzare corsi diversi da quelli accademici (i “puristi” della riforma) e al massimo poteva ammettere un solo anno, e chi al contrario ne chiedeva almeno cinque, interpretando come scopo del provvedimento la semplice legittimazione dei corsi pre-accademici “inventati” dalla Conferenza dei direttori nel 2006.

Entrambi però trascuravano la novità principale del provvedimento e le opportunità che esso può generare, ponendo l’interesse su quanto durano i corsi propedeutici anziché su cosa sono e a cosa servono.

Visto lo slittamento dell’applicazione del DM 382 all’a.a. 2019-20 c’è tempo per comprendere meglio il provvedimento e farlo diventare un’occasione di crescita, evitando il solito errore di trasformare ogni cosa in ulteriore motivo di divisione e confusione. Senza comprendere questo punto il rischio è che anche questo decreto, che non nasce dal nulla ma da un dibattito lungo 18 anni e dopo un periodo di gestazione tecnica di almeno quattro anni, non produca gli effetti sperati. Cioè il superamento di alcuni ostacoli pratici e concettuali che hanno sostanzialmente impedito la soluzione di problemi che ci trasciniamo da quando il nuovo secolo è iniziato, tra i quali ricordo l’incontrollata disparità nei livelli tecnici e culturali previsti tra titoli di studio di identico valore giuridico rilasciati dai diversi Conservatori, il problema del riconoscimento delle attività formative non accademiche in coerenza con i principi della riforma del 1999, e da quando sono nati i Licei musicali (2010) il loro complesso rapporto con i Conservatori. Aspetto, questo, divenuto particolarmente problematico da quando il primo ciclo nel liceo si è concluso (2015) e i primi “maturati” hanno scelto se continuare o no il percorso formativo musicale nei Conservatori.

Così come i corsi di formazione base previsti dalla L. 508 sono stati reinterpretati dalla maggioranza dei Conservatori come un sostanziale mantenimento del compimento inferiore del vecchio ordinamento, adesso il rischio è che i nuovi corsi propedeutici siano interpretati come i vecchi corsi “pre-accademici”. Su cosa siano i corsi propedeutici e sulle sostanziali differenze con i pre-accademici rimando ai miei articoli su https://conservatoristudiericerche.com/

I problemi che questo DM produrrebbe agli occhi di qualcuno derivano proprio dalle contraddizioni esistenti nel mondo AFAM, che il M° Balzaretti ha bene evidenziato. Il DM nasce però per cercare di dare una via di uscita ai vicoli ciechi che la storia della riforma ci ha mostrato, e dove siamo inchiodati da anni. Via che dovrebbe essere percorsa dalle istituzioni in modo razionale, all’interno di un sistema regolato delle autonomie, non in un sistema composto dalla sommatoria di istituzioni ognuna delle quali lavora per se stessa in nome della propria autonomia.

Da questo principio è nata l’esigenza di fissare per decreto il livello tecnico minimo atteso per l’accesso al Triennio. La Conferenza dei direttori ha elaborato le tabelle per ogni corso di studi, che lasciano ampia autonomia alle singole istituzioni ma al contempo danno ordine e chiarezza a favore di chi deve scegliere un Conservatorio dove studiare. Questo atteso livello tecnico minimo per l’accesso al Triennio - per strumenti e per canto non rigidamente definito come avveniva nel vecchio ordinamento ma facente comunque riferimento a specifici repertori musicali in quanto condizione indispensabile per ottenere gli scopi previsti - permette di dare orientamento a tutti coloro che si occupano di formazione preaccademica, istituzioni pubbliche e private, professori privati, perché dà loro un riferimento didatticamente importante e sostanziale, oltre che omogeneo su scala nazionale.

Tra questi soggetti anche i Licei musicali, che trovano in questo decreto un “link” con i Conservatori: i docenti del Liceo avranno la possibilità di gestire meglio la programmazione strumentale e teorica, al fine di meglio garantire il successo nell’esame di ammissione al Conservatorio per chi intende continuare gli studi musicale nell’alta formazione.

In tema di durata dei corsi propedeutici va detto che il DM garantisce allo studente già avviato agli studi, dal propedeutico al biennio, fino a otto anni di presenza nel Conservatorio (3+3+2), periodo didatticamente più che sufficiente per formare un musicista (considerando, come dice la normativa, vecchio diploma = biennio) e in linea con quanto avveniva nel Conservatorio pre-riforma (anche per i corsi decennali spesso si accedeva a livelli avanzati). E comunque il DM non abolisce i corsi pre-accademici, ma semplicemente li relega a “corsi liberi”, sempre organizzabili in autonomia dai Conservatori come è sempre avvenuto fino ad oggi. Significa che sicuramente a breve termine non ci saranno problemi occupazionali perché i docenti che eventualmente non riescono a completare l’orario di servizio con i corsi propedeutici e accademici, potranno essere impiegati ancora in progetti approvati dall’istituzione, tra i quali ci possono essere i corsi pre-accademici (che a regime riguarderanno solo l’orientamento e la formazione iniziale).

Avere limitato a tre anni la durata di questi corsi ha permesso di inserire regolarmente e in armonia con la normativa i corsi propedeutici nella missione del Conservatorio riformato (cosa non prevista dalla L. 508, se non in fase transitoria), risolvendo una grave lacuna della legge di riforma che aveva tralasciato questo fondamentale ambito formativo. Al contempo ha permesso di non spostare il baricentro formativo dei Conservatori sul pre-accademico (si pensi solo che nel 2018 sono state più di 5.000 le richieste di accreditamento di bienni musicali, tra trasformazioni di vecchie sperimentazioni e nuovi bienni): in questo modo è stata fatta salva la missione del Conservatorio riformato (ricerca, formazione superiore, produzione), facendo così accettare positivamente la proposta anche da parte degli interlocutori che criticavano e isolavano i Conservatori per le scelte sul pre-accademico (ambienti universitari, accademie, sindacati, ecc.).

I gravi problemi di cui l’AFAM è afflitta da anni non verranno certo risolti da questo decreto. Ma nella situazione ormai incancrenita, nella matassa di questioni irrisolte grandi e piccole, sarà sempre più difficile intervenire con provvedimenti efficaci. Sono anni che assistiamo a interventi ad hoc sui singoli problemi, svincolati da una visuale d’insieme, provvedimenti che risolvono solo in parte le cose e che creano altri problemi mettendo ancor di più in sofferenza il sistema.

Ritengo che se ne verrà fuori solo quando sarà data la via e saranno forniti alle istituzioni gli strumenti per percorrerla.

 

ottobre 2018


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