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SEI IN: APPUNTAMENTI>IL FUTURO DEL SISTEMA AFAM

Un bilancio del convegno "Il futuro del sistema AFAM"
Intervista a Paolo Troncon, direttore del Conservatorio di Vicenza e presidente del Consorzio
dei Conservatori del Veneto
 

Il 29 maggio si è svolto a Vicenza un convegno dedicato al futuro del sistema AFAM tra automomia, visuale europea e federalismo. Com’è andata?

Sono pienamento soddisfatto di come sono andate le cose. L’obiettivo non era certo quello di tirar fuori dal cilindro la soluzione a quello che secondo me è già da oggi il principale problema per chi deve progettare il futuro delle proprie istituzioni a medio e lungo termine e non sa, o non capisce, dove stanno andando i Conservatori italiani. Serviva un momento di riflessione avulso dalle mille emotività che oggi pervadono il nostro settore, un momento in cui si cominciasse a parlare di argomenti talvolta cosiderati tabù. E questo è avvenuto, alla presenza dei principali rappresentanti del settore, in modo pacato e sereno.

Quali sono questi tabù, perché è difficile parlare di certe cose?

In generale a mio parere manca ancora, a dieci anni dalla riforma, un progetto chiaro e condiviso su quale debba essere il ruolo e la funzione dei Conservatori italiani (e di conseguenza quale debba essere l’assetto nazionale) all’interno dello sviluppo dell’alta formazione musicale in Europa. Ancora immatura è inoltre la consapevolezza degli strumenti che l’autonomia ha dato alle istituzioni ed è per questo che alcune di esse stentano a “entrare in gioco”. Si tratta di un problema principalmente culturale, non certo normativo.
Il tabù principale è quello del futuro: parlare oggi del nostro futuro sembra come parlare della morte. Nei discorsi che vedo e leggo il futuro viene dipinto sempre con le tinte fosche della paura di un declassamento della nostra storica funzione (la “secondarizzazione”), del timore degli accorpamenti e soppressioni delle sedi, del timore di rimanere delusi rispetto alle, sacrosante, aspettative stipendiali (il contratto nazionale scaduto da cinque anni!). Sono tutti timori naturali e umani, causati da stimoli e fatti concreti, ma se ci lasceremo invadere esclusivamente da questi temi, il nostro futuro sarà inevitabilmente segnato!
Senza trascurare i problemi reali che fanno scaturire queste ansie, è bene ricordare che un sistema che vuole evolvere deve avere la forza, il coraggio, l’autorevolezza, la determinazione di vedere oltre e perseguire un progetto positivo di sviluppo e rilancio. Io temo la morte del sistema non tanto per l’avverarsi dall’esterno di uno dei tanti “incubi” più volte evocati, ma nel fatto stesso di vivere in un sistema non in grado di pensare a se stesso e al suo futuro! Per questo ho voluto dare un “segnale” diverso attraverso questo convegno.

Di cosa si è parlato?

Il convegno è stato tramesso in diretta sul web, e adesso nel sito del Conservatorio di Vicenza (www.consvi.org) sono disponibili i file audio di tutti gli interventi. Successivamente pubblicherò nello stesso sito anche le relazioni che hanno avuto un maggiore rilievo documentale.
Le relazioni del mattino hanno visto i rappresentanti dei principali soggetti del settore: il CNAM, l’Associazione Europea dei Consevatori, la Conferenza dei Presidenti, la Conferenza dei direttori, più un mio intervento come presidente del Consorzio dei Conservatori del Veneto (sette istituzioni). Rimando i contenuti alle parole stesse dei relatori, ma vorrei sottolineare tre parole che mi abbiano particolarmente stimolato: “bellezza”, “autorevolezza” e “territorio”, con accezioni riprese anche negli interventi pomeridiani.
Nel pomeriggio ho invitato quattro direttori in carica, due che terminano il loro secondo e ultimo mandato ad ottobre (Ghezzi e Reda), due il prossimo anno (Borri e Colazzo), tutti direttori che a supporto del loro pensiero e delle loro analisi portano “in dote” una concreta e particolarmente felice esperienza ottenuta con il lavoro nel loro Conservatorio.
Si è parlato di ricerca, di nuove forme di organizzazione didattica, di come un Conservatorio può caratterizzarsi e organizzarsi. Sono emersi molti stimoli per futuri approfondimenti personali o da svolgere pubblicamente.

Quale futuro allora per i Conservatori italiani?

Ripeto: nessuno può avere oggi soluzioni in tasca! Io credo che occorre prima di tutto mettere in agenda questi temi, e spero che da oggi sia possibile farlo. Poi serve partire dalle esperienze positive e concrete, perché sarebbe assurdo “buttare il bambino con l’acqua sporca” cioè non considerare la nostra migliore storia, la nostra migliore tradizione. Bisogna però prendere atto che non tutto è “rose e fiori” tra i 54+21 Istituti Superiori di Studi Musicali oggi autorizzati a rilasciare i titoli accademici previsti dall’art. 3 del DPR 212/2005. Il sistema ha bisogno di un serio monitoraggio per far conoscere, promuovere e finanziare le esperienze migliori oggi ampiamente diffuse in tutto il territorio nazionale, e individuare quelle non più in linea con i livelli di qualità richiesti dalla riforma. Per far cosa? Spetterà al potere politico decidere, ma di sicuro questo passaggio non può più essere evitato, se si vuole finalmente cercare di valorizzare in Italia il merito e dare giusta risposta anche alle aspettative dei nostri studenti.

Giugno 2010

contatti: team@aasp.it